martedì 17 luglio 2012

E.L. James - Cinquanta sfumature di grigio

C’è poco da fare. Siamo sempre tutti qui a chiederci se il romanzo sia morto, se ancora sia in grado di farsi portavoce dei valori di un’epoca, se sia ancora il canale privilegiato per raccontare le evoluzioni della nostra società e, soprattutto, se abbia ancora qualcosa da raccontare. Quando un libro come Cinquanta sfumature di grigio si impone come caso editoriale dell’anno con 30 milioni di copie vendute nel mercato anglosassone, di cui pare 10 milioni solo nelle prime tre settimane (nel Regno Unito è il libro che ha venduto di più nel minor tempo, dopo Harry Potter) e 100.000 copie in 10 giorni in Italia (paese tradizionalmente abitato da lettori deboli che accorrono in massa a comprarsi il libro del momento, specie se si tratta di Melissa P., delle barzellette di Totti o delle ricette di Benedetta Parodi), è facile dedurre che il romanzo è morto, sepolto e putrefatto, e che la nostra società non ha veramente più nulla da dire. È stato acclamato come il libro che ha sdoganato il genere erotico, il nuovo saggio per la liberazione delle donne (Amazon l’ha definito un sex toy), ha conquistato gli spazi vendita della grande distribuzione organizzata e si è imposto sui giornali e in televisione (tutto purché se ne parli, con commenti di tutte le donne del mondo dello spettacolo), mentre tutti si sono apprestati a celebrare il trionfo di un nuovo genere, il mommy porn, in voga non solo tra le casalinghe disperate ma (pare) anche e soprattutto tra le venti/trentenni cittadine in carriera statunitensi. L’autrice si vanta di aver cambiato la vita sessuale di milioni di persone, e ci sarebbe da crederle considerando che, sull’onda di simile successo, le vendite dell’attrezzatura bondage negli Stati Uniti sembrano essere aumentate del 375%. Inoltre, il fatto che il romanzo sia il più venduto in versione digitale ha fatto scalpore, e l’interpretazione è stata unanime:  le donne si vergognano a farsi vedere in metropolitana o sull’autobus a leggere un libro porno, mentre ereader e tablet (Kindle, Nook e iPad) vengono in loro aiuto impedendo di rivelare la copertina, consentendo loro di coltivare le proprie perversioni al riparo da occhi indiscreti (senza contare l’imbarazzo di doverlo comprare passando per la cassa). In realtà, Cinquanta sfumature non è nemmeno un romanzo erotico: chiunque prenda in mano Fanny Hill di John Cleland, del 1748, si accorgerà che nel XVIII secolo chi scriveva queste cose possedeva molto più talento letterario e carica erotica della nostra E.L. James (pseudonimo di Erika Leonard, che pare abbia cambiato il nome per proteggere i figli dalla battute degli amichetti). Il suo romanzo, nato come fan fiction con i protagonisti della saga di Twilight (Edward e Bella), è un softcore di una beceraggine quasi sublime, anche se il Guardian si è chiesto se sia un porno travestito da romanzo o un romanzo travestito da porno, mentre gli utenti del sito di genitori Mumsnet hanno detto che non è un porno perché delinea bene i personaggi. C’è stato chi ha parlato di risvolti sociali, di rapporti di genere o di problematiche generazionali, ma la verità è che alla base di tutta questa bieca operazione  commerciale c’è l’ennesima variazione sul tema della combinazione fatale “timidina verginella e maschio predatore”, una specie di versione hard di 9 settimane e ½, e del rapporto vittima-carnefice che si capovolge, come insegna il viscontismo di maniera stile Il portiere di notte di Liliana Cavani. La trama è molto semplice: la graziosa e ingenua studentessa Anastasia Steele incontra per caso (va a fare un’intervista per il giornale della scuola al posto di un’amica ammalata, espediente veramente favoloso) Christian Gray, giovane imprenditore miliardario (ma con una dolorosa storia infantile alle spalle, essendo stato adottato e poi iniziato al sesso bondage da un’amica della madre, scherzosamente soprannominata Mrs Robinson come il personaggio del film Il laureato interpretato da Anne Bancroft) che, ovviamente, è bellissimo e misterioso, aitante e con una voce «roca e calda come un cioccolato nero fuso al caramello». Lui le chiede di diventare il suo giocattolo erotico per dare sfogo a tutti i suoi sfoghi sadomaso a base di fruste, divaricatori e altri gingilli, ma tutto severamente codificato in un vero e proprio contratto da sottoscrivere per stabilire che cosa è lecito fare e cosa no in camera da letto, o meglio, nella sua Stanza Rossa che è un mix tra un boudoir elisabettiano e una stanza delle torture da Inquisizione spagnola. Il plot non presenta molto altro e, dopo un’estenuante prima parte nella quale non succede niente, i due si scatenano e rivelano di essere due macchine del sesso che non conoscono né pausa né battuta d’arresto (notare che lei è arrivata a 21 anni vergine e digiuna di qualsivoglia esperienza sessuale, particolare molto credibile), anche se è meglio dire che chi si aspetta un porno nudo e crudo resterà deluso dal momento che, per oltre metà del romanzo, Mr Grey e Anastasia discutono sulle clausole di questo patto da firmare, perché lei, seguendo la voce della sua «dea interiore», a volte approva le cinghiate, a volte invece, con uno scatto d’orgoglio e qualche scrupolo, se ne dissocia. Neanche a dirlo, con lo scorrere della pagine, scopriamo che lei è gelosa e si innamora perdutamente di lui mentre lui cerca un «qualcosa di più» del semplice sesso sadomaso. Ovviamente il debito nei confronti dei personaggi della saga di Twilight è forte e molto evidente (non solo per i protagonisti, ma anche negli amici), con il sadomaso che (viene da sé) prende il posto del vampirismo, con la netta differenza che Twilight (almeno il primo romanzo) è sessuofobo e castissimo, mentre qui gli esiti sono opposti (non solo lui spinge lei a donarsi in svariati modi, ma le fa prendere la pillola anticoncezionale che lei ingurgita in quantitativi industriali). Mr Grey non è particolarmente simpatico (per spiegare perché non ha abusato di Anastasia ubriaca dice di non amare la necrofilia e di averla portata in una suite perché non sporcasse i sedili in pelle della sua automobile) e il massimo del climax lo raggiunge con la tragica frase «Io non faccio l’amore: io fotto… senza pietà»; la sculaccianda Anastasia (riprendendo la fantastica espressione usata da Mariarosa Mancuso sul Foglio), invece, è una che dice di essere un «grumo di desiderio» e che, nella Seattle del 2011, vive senza telefono cellulare e senza computer nonostante sia una laureanda in letteratura (altro particolare molto credibile). L’autrice (che dimostra uno stile scolastico, banale e privo di qualsiasi pathos, dilungandosi per la maggior parte del tempo in descrizioni superflue e poco incisive) affastella inoltre tocchi di assoluto trash come lui che «srotola il preservativo sul membro enorme» o gemme di involontaria genialità come lei che si ammira la «chioma postcoito», per non parlare di episodi memorabili come Anastasia che vomita ubriaca sulle azalee fuori da un locale con Mr Gray che le regge la fronte. È stato calcolato che la protagonista «arrossisce violentemente» di fronte alla avances e al fascino di Mr Grey ben 56 volte e che il contratto stipulato dai due amanti viene nominato 71 volte: fortuna che nessuno si è messo a contare il numero di occasioni nelle quali lui dice a lei «Brava bambina» e «Mangia, Anastasia» (particolare che dimostra quanto lui si prenda cura di lei a partire dal più simbolico degli oggetti, il cibo, secondo l’interpretazione di Debora Serracchiani, eurodeputata del PD). L’imbarazzante immaginario della Leonard prende tutte le peggiori e depravate fantasie maschili (lui la possiede in piscina mentre lei ha le mestruazioni) e le confeziona sapientemente per il pubblico femminile, fino a raggiungere il suo apice creativo nell’allucinante scena di accoppiamento selvaggio con guanto felpato e corale a 40 voci di Thomas Tallis sparata in cuffia nell’iPod, prima che la rottura finale non lasci il nostro Mr Grey solo con le sue ossessioni e la nostra Anastasia sconsolata e in preda alle lacrime, pronta per il nuovo libro della saga (ce ne sono altri due, intitolati con molta fantasia Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso). Alla fine, resta aperto un interrogativo: come faccia Christian Gray a governare un impero da 40.000 dipendenti passando tutto il giorno a scambiare mail erotiche con la sua bella, resta un mistero. Per la cronaca, il titolo allude alla frase che lui dice quando lei gli chiede perché non vuole essere toccato («Perché dentro ho cinquanta sfumature di tenebra»), giocando sul significato del suo cognome, Grey (grigio). Se ci aggiungiamo il fatto che Anastasia vuole lavorare nell’editoria, lo sconforto è totale.

lunedì 16 luglio 2012

Jim Hutton (con Tim Wapshott) - I miei anni con Freddie Mercury

I libri musicali sono strani. A volte sono bellissimi, altre volte orribili; spesso risultano superficiali, talvolta irritanti, specie se si tratta di biografie romanzate o scritte da ex amanti, mogli o groupie a caccia di qualche spicciolo. Non sfugge alla regola questo libro dell’irlandese Jim Hutton, personaggio senza arte né parte capace di ritagliarsi la sua  fetta di notorietà mediatica in quanto ultimo amante di Freddie Mercury dal 1985 al 1991, anno della morte del leader dei Queen, e impiegato presso di lui con le mansioni di giardiniere (in precedenza faceva il barbiere al Savoy). È chiaro che il buon Jim (scomparso nei primi giorni del 2010 per cancro ai polmoni, e anche lui sieropositivo come molti altri dell’entourage gay del cantante) non era uno scrittore, e si vede: il suo è un succedersi disomogeneo e poco uniforme di aneddoti riguardanti la sua storia d’amore con il mitico cantante, raccontati attraverso uno stile sciatto e colloquiale, pieno di ripetizioni (con frasi del calibro di «correre la cavallina»). Ecco quindi raccontata la vita privata di Freddie Mercury (cantante che, nonostante gli eccessi, era molto attento alla sua privacy), la sua vita a Garden Lodge in compagnia dei suoi collaboratori (principalmente l’assistente Peter “Phoebe” Freestone e il cuoco Joe “Liza” Fanelli), la sua passione per i gatti e le carpe koi, il suo caratterino da prima donna isterica, i litigi, le riappacificazioni, l’uso di cocaina (almeno fino alla scoperta di essere malato), i regali, la propensione allo shopping smodato e le vacanze (soprattutto quella in Giappone del 1986, durante la quale al cantante capitò di spendere 250.000 sterline in un solo giorno). Nulla si dice invece sui lavori dei Queen (Jim non sapeva nemmeno chi fosse Freddie prima di venire abbordato da lui in un club gay e il Live Aid del 1985 fu il suo primo concerto rock in assoluto), se non che Freddie passava ore e ore in studio da perfezionista qual era. Un’operazione ampiamente discutibile, perché se da un lato è comprensibile che il buon Jim abbia deciso di scrivere la sua biografia con l’intenzione di offrire un tributo personale al suo amato, è altrettanto vero che il tutto puzza terribilmente di bieca operazione commerciale per pagarsi le bollette (nonostante il lascito di Freddie di 500.000 sterline) e togliersi qualche sassolino dalla scarpa (soprattutto nei confronti di Mary Austin, ex amante di Freddie ed erede per testamento della residenza di Garden Lodge, colei che nel giro di qualche mese si impadronì del nuovo domicilio e buttò fuori di casa gli ex collaboratori del cantante), riprendendosi il ruolo che (a suo giudizio) gli spettava di diritto, quello di compagno di vita, amante e colui che gli rimase a fianco fino all’ultimo respiro e che convertì alla monogamia l’irrequieto Freddie. Aggiungiamoci inoltre che la presenza di un coautore, o per meglio dire ghost writer (tale Tim Wapshott, scommetto giornalista), ha fatto sì che la narrazione si sia concentrata sugli aspetti più sensazionalistici della relazione tra i due che anche il più innamorato dei fan farebbe volentieri a meno di sapere (ripeto quanto già scritto per il libro di Lesley-Ann Jones: a chi importa sapere se Freddie era un omosessuale attivo o passivo?), oltre che sui dettagli personali degli ultimi giorni di vita del cantante, principale ragione per cui il povero parrucchiere-giardiniere è stato emarginato dall’entourage dei Queen (giustamente infastidito che i particolari intimi della morte dell’amico e collega siano stati dati in pasto al pubblico) e bollato dalla stessa Mary Austin (che pare non lo abbia mai amato) come “uno dall’immaginazione vivace”. Decisamente spassoso il particolare di Freddie che invita il principe Andrea all’Heaven, famigerato club gay di Charing Cross.

mercoledì 11 luglio 2012

Lesley-Ann Jones - I Will Rock You - Freddie Mercury. La biografia definitiva

«Freddie Mercury ha fatto la cosa più importante di tutte. È morto giovane. Anziché diventare una checca grassa, gonfia e presuntuosa, è caduto nel fior fiore degli anni e sarà ricordato a quell’età in eterno. Non è un brutto modo per andarsene». Queste le illuminanti parole dello psichiatra Cosmo Hallstrom che vengono ricordate alla fine dell’introduzione di questo libro dedicato al compianto leader dei Queen (per la precisione, uno dei miei gruppi preferiti di sempre) prematuramente scomparso nel 1991 a causa dell’AIDS e intitolato I Will Rock You – Freddie Mercury. La biografia definitiva, che si presenta con una copertina che ritrae il nostro nel suo momento di massimo splendore e successo, con la corona e la mantella di ermellino che sfoggiava alla fine dei concerti del Magic Tour del 1986. Credo che il succitato Hallstrom (pare in possesso di un’esperienza quarantennale di lavoro con le persone ricche e famose, lo garantisce l’autrice) abbia colto perfettamente nel segno: Freddie se ne è andato ma è rimasto immortale, una specie di divinità tra i grandi del rock che non ha conosciuto declino, senza doversi ridurre a duettare con Lady Gaga o a fare il giudice in qualche talent show televisivo (come quasi sicuramente sarebbe, ahimè, successo), mentre i suoi compagni di avventura Brian May e Roger Taylor (rispettivamente chitarrista e batterista dei Queen) sono invecchiati nella tristezza e nella sterilità artistica tra un Pavarotti & Friends e un qualsiasi tour penoso con qualche cantante (leggi il dinosauro Paul Rodgers e la giovane promessa Adam Lambert) disposto a prolungare l’accanimento terapeutico nei confronti del gruppo (lode al bassista John Deacon per aver abbandonato la nave ed essersi ritirato a vita privata). Difficile, se non impossibile, rimpiazzare quello che è stato uno dei più grandi frontman di tutti i tempi, in possesso di una gamma vocale quasi lirica e una presenza scenica affascinante, ma allo stesso tempo un personaggio misterioso e indecifrabile, che Lesley-Ann Jones (giornalista che sembra sia stata a stretto contatto con i Queen e il loro entourage sin dall’inizio degli anni Ottanta) cerca di tratteggiare ripercorrendo e scandagliando le tappe della sua vita partendo dalla spettacolare esibizione al Live Aid del 1985, evento che catapultò di nuovo il gruppo al centro della scena dopo tempi di difficoltà (a livello sia lavorativo sia personale). Quindi, grazie a interventi di amanti, familiari, amici, dirigenti, musicisti, addetti stampa, fotografi e produttori (i quali non dimostrano tutti una grande conoscenza della storia della band, attribuendo a Freddie canzoni che in realtà sono di altri componenti del gruppo), ne ripercorre le gesta dai giorni in cui Freddie era solo Farrokh Bulsara, un giovane di Zanzibar cresciuto nella solitudine di un collegio in India, fino al trasloco definitivo a Londra, dove ebbe inizio l’eccezionale parabola dei Queen. Tutto molto bello, insomma. Con qualche però. Innanzitutto, diciamo subito che un libro che si picca di passare per la “biografia definitiva” dovrebbe contenere qualche informazione in più, dal momento che molti degli eventi raccontati sono facilmente desumibili da altri libri che sono scritti anche meglio (a partire dalla meravigliosa biografia ufficiale dei Queen a firma di Gunn Jacky e Jim Jenkins, senz’altro l’opera più meritevole di attenzione per i fan del gruppo) o da speciali televisivi (basti pensare ai recenti Freddie Mercury – The Untold Story e Days Of Our Lives); inoltre, la nostra cara autrice mette in appendice una serie di ascolti consigliati che comprendono tutti i Greatest Hits usciti, insomma una cosa che non dimostra né coraggio né saggezza, ben sapendo che qualsiasi vero fan non preferirebbe mai una raccolta commerciale a discapito degli LP originali (credo che chiunque dovrebbe ascoltare A Night At The Opera per capire cosa erano i Queen, a prescindere dalla hit Bohemian Rhapsody). Ne esce un ritratto ambiguo e per nulla esaustivo, che rispecchia un personaggio così sfuggente ed esagerato, capace di passare le notti nelle feste e nelle orge più depravate della scena gay di Londra, New York e Monaco e, allo stesso tempo, di mostrarsi sensibile, raffinato e riservato. L’autrice intende dimostrare come la sessualità ambigua di Freddie, che lo portò a legarsi a uomini e donne (ricordiamo le sue relazioni con Mary Austin e l’attrice Barbara Valentin) e a ogni sorta di eccesso (compresi quelli che gli avrebbero drammaticamente abbreviato la vita), fosse dovuta alla rigida educazione ricevuta e alle sue carenze affettive; per non parlare dei suoi sensi di colpa nei confronti dei genitori e delle loro credenze zoroastriane, che lo avrebbero profondamente bloccato nel fare outing e ad accettarsi per quello che era (ricordiamo che il cantante è ancora criticato per non aver fatto di più per promuovere i diritti dei gay e, sul piano della sensibilizzazione, di non aver dichiarato di essere malato di AIDS se non il giorno prima di morire). Più forzate risultano le parti in cui si cerca di dimostrare come Freddie fosse posseduto dal personaggio di dominatore delle masse che lui stesso aveva creato: qua e là emerge invece il suo talento versatile di musicista, intenzionato a sperimentare e a realizzare una miscela irripetibile di kitsch, generi diversi e spirito avventuroso (una versatilità che è confermata dai suoi gusti, dal momento che si scopre che i suoi due punti di riferimento erano Liza Minnelli e Jimi Hendrix, e dalla realizzazione dell’album Barcelona con il soprano Montserrat Caballé), e forse avrei preferito che si insistesse maggiormente su questa strada piuttosto che su quella del sesso sregolato e del pettegolezzo fine a se stesso (come nel caso di un ex amante che rivela – particolare immagino fondamentale! – che Freddie nei rapporti sessuali era quasi sempre passivo). Il libro è comunque realizzato bene: per amor di precisione io ho letto la versione ottimizzata per iPad con il testo orientabile e molte fotografie (alcune note, altre inedite, purtroppo con molti errori di datazione nelle didascalie), ma è tranquillamente disponibile anche nella normale versione epub e nella tradizionale cartacea.