sabato 3 gennaio 2009

Carlos Ruiz Zafón - L’ombra del vento

Dovevo proprio colmare una mia lacuna e leggere questo best seller da più di 10 milioni di copie (ottenute in gran parte grazie al passaparola dei lettori) che si vede sempre nelle mani di qualcuno quando si sale su un treno, una metropolitana o un aereo. Fortunatamente, non sono rimasto deluso, anzi, l’ho divorato in tre giorni, amandone ogni singola pagina come non mi accadeva da tempo. La storia prende il via nella Barcellona del 1945. Il giovane Daniel Sempere (narratore in prima persona) vive con il padre libraio antiquario a Barcellona, nell’assenza e nel ricordo della madre prematuramente scomparsa. Il padre lo porta nel Cimitero dei Libri Dimenticati, una labirintica e gigantesca biblioteca, nella quale vengono conservati migliaia di volumi sottratti all’oblio, e lo invita, secondo tradizione, ad adottare uno dei libri e a promettere di averne cura per tutta la vita. La scelta ricade proprio su L’ombra del vento dello sconosciuto autore Julian Carax, ucciso in duello come Pushkin. Daniel ne è rapito; legge il libro tutto d’un fiato. Il suo entusiasmo lo porta a cercare altri libri dello stesso autore, ma scopre che quella in suo possesso potrebbe essere l’unica copia sopravvissuta di tutte le opere di Carax. C’è di più: un uomo misterioso, dalle fattezze macabre, che si fa chiamare Laìn Coubert (come il diavolo nei libri dello scrittore), da anni ne cerca gli scritti per darli alle fiamme. Da qui, grazie alla complicità dello strepitoso Fermìn Romero de Torres (senzatetto alcolista salvato dalla vita di strada proprio dal ragazzino che lo fa assumere come cerca libri per la libreria del padre), Daniel inizia una ricerca che dura un decennio e lo accompagna nella sua crescita e nella sua educazione sentimentale (a partire dall’amore non corrisposto per la cieca Clara Barceló), fino a quando diventa un uomo, svelando un’intricata vicenda (che definire “dai contorni forti” sarebbe un eufemismo) e una successione di eventi e circostanze simili (o addirittura parallele) a quelli della vita di Carax, quasi da divenirne un alter ego (simbolo di questa sovrapposizione è la penna stilografica di Victor Hugo, regalata a Daniel da suo padre ma prima appartenuta a Julián Carax). Ecco quindi che l’amore di Daniel per Beatriz, la sorella del suo migliore amico, sembra ricalcare il tormentato rapporto di Julián con Penelope che è all’origine di tutto il mistero. Com’è tradizione, non manca nemmeno il cattivo spietato, l’odioso e corrotto ispettore Fumero, ovviamente coinvolto in primissimo piano nella vicenda e ossessionato dall’idea di uccidere Julián e di distruggere Fermín. Il tutto ambientato in una Barcellona decadente e ferita dalla guerra civile, raffigurata spesso con toni foschi e sotto una battente pioggia, un vero e proprio personaggio aggiunto come la Londra di Dickens o la Los Angeles di Blade Runner. Un capolavoro assoluto che mescola con sapienza diverse storie (sul modello delle scatole cinesi) e diversi generi letterari, dal romanzo d’appendice al noir, dal racconto gotico al melodramma, e moltissimi infatti sono i riferimenti ai canoni dei diversi generi (gli amori non corrisposti o disperati, le invidie e le gelosie, le follie omicide e l’incesto, la maledizione di una casa portatrice di sventura, le bare dell’amante e del figlio nato morto nelle segrete). Ma, soprattutto, il romanzo trasuda un’incrollabile (e insospettata, al giorno d’oggi) convinzione nella letteratura intesa come puro piacere e, per questo, riesce a risultare miracolosamente convincente, recuperando il gusto per la narrazione e i personaggi, senza snobismi intellettuali o accademici (e per questo non può assolutamente piacere agli esteti e ai minimalisti, che contestano in primis la propensione per le frasi memorabili e la lunghissima lettera indirizzata a Daniel dalla donna che ha amato lo scrittore maledetto per tutta la vita e che ritrae un Julián ridotto a un pezzo di carbone che si alimenta solo di odio e volontà di distruzione). La stessa invenzione del “Cimitero dei libri dimenticati”, ovvero il luogo dove inizia tutta la storia, è una dichiarazione d’amore assoluta verso i libri: ogni libro, anche quelli obsoleti e sfigati, di scrittori magari poco conosciuti, hanno dentro di sé un’anima che vive attraverso i personaggi della realtà (e ci fa capire che ogni realtà individuale è a suo modo un romanzo). Alla fine Daniel, con il suo amore autentico per il libro di Julián Carax, dona nuova vita all’opera e al suo autore che, quando si rende conto che l’ultimo esemplare esistente delle sue opere appartiene un ragazzino che nutre per lui e per la sua opera un interesse puro, cessa di distruggere i propri romanzi e se stesso.

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